Genitori Curling
Rubrica di Psicologia dello sport
Dott.ssa Cristiana Conti
“La resilienza è anche la capacità di usare l’esperienza maturata in situazioni difficili per costruire il futuro.” A.Fontana
Nel 2010 all’interno di un programma televisivo svedese dedicato al tema del rapporto genitori-figli viene utilizzata, probabilmente per la prima volta, l’espressione “genitori curling”. Il riferimento allo sport olimpico del curling viene usato come metafora per quei genitori che facilitano la strada ai loro figli spianandone e spazzandone via gli ostacoli, con l’idea semplificarne la crescita. Progressivamente, il termine si è diffuso e in Italia è arrivata la ben più nota espressione “genitori spazzaneve”, ma il concetto non cambia.
Ammortizzare i colpi al posto del proprio figlio viene ritenuto dal genitore un atto di responsabilità, ma in realtà, con tale atteggiamento, ciò che spesso avviene è la riduzione di quelle possibilità di apprendimento che sono invece fondamentali per ciascuna persona. Il fatto che un ostacolo possa metterci in difficoltà sicuramente ci allarma, ma proprio perché in ogni momento della vita si incontrano degli inconvenienti e delle complicazioni, ciascuno di noi deve acquisire (e lasciare acquisire all’Altro) una personale capacità di fronteggiarli.
Tale abilità è una delle life skills più importanti per una persona; nel quotidiano ci consente di adattarci ai cambiamenti, di non essere rigidi dinanzi alla complessità, di non scoraggiarci e soprattutto di sviluppare due qualità decisive: la fiducia nelle proprie capacità e la capacità di tollerare la frustrazione.
Se da un lato la tentazione di voler “spianare” la vita alle persone care è normale, dall’altra, è un atteggiamento rispetto a cui bisogna riflettere con responsabilità. L’affrontare i problemi in modo proattivo, il sapere che dinanzi ad una difficoltà posso farcela e il riconoscere le mie risorse anche in situazioni di svantaggio, non sono abilità non innate ma si apprendono e si sviluppano nel corso di tutta la vita.
Vivere direttamente queste esperienze è fondamentale e lo sport è un contesto ottimale proprio perché uno spazio di apprendimento tutelato. In allenamento e in partita, e in generale nel vivere la vita da sportivo, il giovane atleta può incontrare tante situazioni con cui confrontarsi e maturare progressivamente la percezione di competenza (posso farcela), il valore della dedizione (senza il mio impegno le cose non vengono in automatico), la forza della motivazione (lo voglio a tal punto che proverò con tutto me stesso per ottenerlo) e la tolleranza dell'errore. L’adulto può - e deve - aiutarlo in questo.
Un consiglio? Uscire dall’equivalenza “aiutare= alleggerire sempre l’altro, iperproteggerlo e sostituirsi a lui”, e provare anche un’altra prospettiva, per cui aiutare significa anche essere presente “da lontano” e incoraggiare l’altro nelle sue personali imprese.